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Consolatio Philosophiae


Mitch_Cavaliere
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Forse non proprio, ora mi spiego xD

Per me l'amore è tutto razionale (nel senso che ha una sua logica), una serie di concatenamenti di cause ed effetti, solo che non riusciamo a percepire le cause perchè non ne abbiamo i mezzi e quindi ne vediamo solo gli effetti. :)

Voglio dire che tutto è collegato bene o male, le cose non nascono da nulla; 'Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma' (la chimica insegna^^).

Prima legge ponderale di Lavoiser :lol:

Me la cavo con chimica, al nostro livello. :rotfl:

Ma i mezzi non li avremo mai, perchè spesso arrivano dall'Es. E' quello è assai difficile da sistemare, è una parte "irrazionale"

 

Già purtroppo, magari c'è chi ci prova ma dopo un pò rinuncia: in ogni caso la speranza è l'ultima a morire dicasi :)

Io lo so da sempre questo, solo che la gente trova mille scusanti e si arrampica sugli specchi per non affrontare la realtà che ha davanti.

(mi sarebbe sempre piaciuto fare psicologia^^ peccato che mi faceva andare all'università e allora ho scelto un tecnico).

La speranza va incanalata come tutte cose, dobbiamo sapere utilizzare quello che ci viene dato. La vita non è difficile, siamo noi che non sappiamo più come viverla.

La realtà è una brutta bestia molte volte, ma va domata: in ogni cosa, c'è un lato positivo, e non è una visione ottimistica, è verità. Dobbiamo sfruttare questo fatto, e fare degli insuccessi un strumento di futura vittoria. Però, se non l'accettiamo, nulla possiamo fare. (lo faccio io per te :lol: )

 

Penso di si, almeno credo (scusa, complessi d'inferiorità XD).

A me sembra ovvio che se si vuole cambiare non si deve campare tutto in aria, altrimenti si rischia di far crollare la casa, solo che per sostituire il pilastro ci vuole tempo, molto XD.

Discorrendone così è ovvio e scontato ai più, ma quando è un processo mentale/psicologico, spesso non lo è. Anche perchè, veniamo a volte posti di fronte ad un fulmilineo crollo del pilastro, magari quando ci viene posta davanti una verità. La censura qualitativa che ci protegge, non sempre funziona, e non può proteggerci da tutto. A volte, bisogna essere rapidi, e forse per sostenere con le proprie forze il peso della casa con forze momentanee.

 

E io che volevo andare a nanna presto. :XD:

(Ogni tanto fa bene confrontarsi dialogando, è utile per crescere.. contro i soliti cazzeggi tra amici :XD: )

O a mangiare, o a dormire, sempre presto devi fare le cose! :lol:

 

Più che connettere l'amore con tutte le altre sensazioni, io vi ricondurrei la causa. Naturalmente è appurato che un uomo "sano" non si toglierebbe mai la vita, ma fa di tutto per allungarla e perpetuarla.

Attualmente, non è così.

Non sarebbe sano nessuno, allora.

Sappiamo, che fumare fa male, che bere fa male, che stare in un ambiente con eccessive onde eletromagenetiche fa male, che lo smog fa male, che tantissime cose fanno male, e le facciamo lo stesso. La salute ormai, interessa a nessuno. Solo quando è troppo tardi, ci si aggrappa a qualche vana concezione salutistica.

 

Possiamo distinguere due forze principali che muovono il mondo: amore e odio. Tutto il resto deriva semplicemente da queste due. Considerare l'amore e l'odio le cause prime, fa di queste due forze la vita stessa, che si perpetua in modo dialettico tra di loro: ogni differente individuo possiede una percentuale diversa di amore e di odio, e in base a questa vive e giudica la realtà. Non c'è niente di irrazionale: il primo impulso che spinge ad amare è la riproduzione della specie, contenuto nella nostra parte istintiva.

Quello che dici qui, citando Freud, è il principio del Piacere e quello della morte. Sono queste le due foze motrici dell'uomo.

 

Non sempre questo processo va a buon fine: e allora pensate come un "errore critico" possa trasformare l'amore nel suo esatto contrario. Dolore, sofferenza, noia e quant'altro li facciamo derivare dall'odio.

La noia non deriva dall'odio!

 

La volontà della persona non ha alcun potere secondo me: una eventuale "ripresa" può derivare unicamente dalla ripresa di un nuovo procedimento, ossia dall'illusione di incontrare una nuova persona amata, che riequilibri lo scompenso creatosi a favore dell'odio. E non sempre si creano le condizioni: lo scompenso dell'odio può andare aumentando sino a portare al desiderio dell'annientamento della vita stessa.

L'uomo ha il suo margine di potere sugli eventi, e su se stesso, se ne è stato istruito.

Inoltre, non è vero che si crea un illusione, ma si ritrova proprio un altra persona, che verrà amata similmente a quella precedente. Dire così, significa "sconfessare" l'amore, visto che affermi che la persona può innamorarsi una sola volta, e le successive sarà solamente una mera illusione che tenta di compensare il fallimento della realtà. E' un rifuggere verso un mondo illusorio.

L'odio, va canalizzato. COntinuerò a ripeterlo fino a quando avrò voce, bisogna controllare se stessi. Noi abbiamo un ampio margine di controllo su di noi, solo che non sapiamo come utilizzarlo. Possiamo limitare i sentimenti, siano odio o amore, come dici. Inoltre, il suicidio, come intendi dire, è qualcosa di più, non rintraccibile solo in questo. Per amore ci si può fare del male, ma non così tanto. Bisogna anche avere altri grandi scompensi, per compiere quel gesto.

 

L'azione di chi voi chiamate "amici" è solo un invito in realtà a guardarsi intorno e a ricominciare il processo.

E' qui, l'illusione che mettevi prima; ci si trincera dentro un mondo falso, e c'è bisogno di un appiglio esterno, per uscrne. Tuttavia, vedo erroneo il fatto del "processo".

 

Ognuno di noi ha le medesime possibilità. Non esiste un "io", un "me stesso", in quanto la vita è assimilabile ad una funzione fisica che dipende dal tempo: al variare del tempo Delta T varia la funzione. Ciò significa che ognuno di noi è un infinito io, ossia una infinita serie di "se stessi".

Non è vero che ognuno di noi ha le stesse medesime possibilità. C'è chi parte avantaggiato, e chi no.

Sta all'individuo, confermare il detto "gli ultimi saranno i primi", o meno.

 

Rispondo piano piano, parola per parola, a ciò che tu m'hai ribattuto.

Dunque, contesti che il fine dell'uomo sia il voler dilatare all'infinito la propria vita, adducendo il fatto che spesso noi colpiamo direttamente la nostra salute col fumo, con l'alcohol e simili. Molto bene, ma hai pensato che in via teorica anche questi siano mezzi per "allungare la vita"? Fisicamente la accorciano, ma moralmente la allungano: si inizia a fumare, a bere, a drogarsi per una pura "ricerca di piacere", che è in realtà un pretesto a voler trovare nella vita qualcosa che dia ancora un senso a viverla. Capisci cosa intendo? In realtà tutto mira a quel piacere che ci fa desiderare che la nostra vita sia più lunga.

La noia non deriva dall'odio, opinabile anche questa tua affermazione. Ora abbiamo detto che amore e odio sono i due motori del reale. Tuttavia, legando la sfera del piacere al motore più generale dell'amore, le cose cambiano: il piacere non dura infinitamente, è breve ed effimero e cambia spesso volto. Così mentre prima "ci piace" qualcosa, al termine del suo effettivo desiderio quel qualcosa "non ci piace più", ossia non lo si ama più, e viene a noia. Non potendo dire che la noia derivi dall'amore (principio di non contraddizione) essa deriva dall'odio, o dalla freudiana morte, in quanto negazione dell'amore: lo stato di "noia" è uno stato di tedio della vita, di insoddisfazione, di paralisi.

Io non ho affermato che si ama una sola volta, bensì l'esatto opposto, mettendo sotto critica il concetto stesso di "amore". In realtà si ama infinite volte, per il principio detto sopra della ricerca di piacere. L'illusione è quella della persona che "crede" di amare una sola volta, ma che in realtà ama infinite volte infinite entità differenti. Limitare questi aspetti significherebbe rendere l'uomo un vegetale: l'uomo è la razionale espressione del caos: non può controllarlo, può però rendersene conto.

La storia del processo che ho pronunciato è altamente opinabile anch'essa, meccanica e disillusa, come lo sono io in questo momento :)

Partire avvantaggiati o no non significa che non abbiamo le stesse possibilità: siamo sei miliardi di esseri che hanno tutti un cervello. C'è da distinguere solo il metodo di utilizzo.

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Il latino noooooooooooo :rotfl: :rotfl: :rotfl:

Dunque, contesti che il fine dell'uomo sia il voler dilatare all'infinito la propria vita, adducendo il fatto che spesso noi colpiamo direttamente la nostra salute col fumo, con l'alcohol e simili.

L'uomo ha inseta dentro di se, la voglia di non morire. Però non è più capace di esplicarla, quello intendo, e corre incontro ad atteggiamenti che l'accorciano.

 

Molto bene, ma hai pensato che in via teorica anche questi siano mezzi per "allungare la vita"? Fisicamente la accorciano, ma moralmente la allungano: si inizia a fumare, a bere, a drogarsi per una pura "ricerca di piacere", che è in realtà un pretesto a voler trovare nella vita qualcosa che dia ancora un senso a viverla. Capisci cosa intendo? In realtà tutto mira a quel piacere che ci fa desiderare che la nostra vita sia più lunga.

Ma, parallelamente affermi, allungano la vita morale; non sono comunque d'accordo. Sembra che l'allughino, ma non lo fanno. La droga poi, con i suoi effetti collaterali, rende proprio impossibile il pensare, e quindi l'essere. Il fumo, e altre dipenze, non sono un bene morale, perchè diventano delle droghe, ovvero una cosa di cui il tuo organismo non può fare a meno, e dal quale è indissolibilmente legato. E' per me, una cosa così, non può fare il bene, perchè sono droghe dannose, non positive. Non hanno risolvolti positivi, la loro assunzione è negativa. Non è edonismo questo, è principio di autodistruzione!

 

La noia non deriva dall'odio, opinabile anche questa tua affermazione. Ora abbiamo detto che amore e odio sono i due motori del reale. Tuttavia, legando la sfera del piacere al motore più generale dell'amore, le cose cambiano: il piacere non dura infinitamente, è breve ed effimero e cambia spesso volto. Così mentre prima "ci piace" qualcosa, al termine del suo effettivo desiderio quel qualcosa "non ci piace più", ossia non lo si ama più, e viene a noia. Non potendo dire che la noia derivi dall'amore (principio di non contraddizione) essa deriva dall'odio, o dalla freudiana morte, in quanto negazione dell'amore: lo stato di "noia" è uno stato di tedio della vita, di insoddisfazione, di paralisi.

La noia, deriva dall'indifferenza. E l'indifferenza non deriva dall'odio. E' l'assenza di sentimenti.

Inoltre, trovo che sia l'amore che vada legato alla sfera del piacere, non viceversa. E, sempre lui cito, Freud, che dice che l'uomo è spinto a ricercare il piacere; non amore, pensi il piacere. Se ne deduce quindi che ricerchiamo l'amore in quanto è un sentimento capace di dare grande piacere, uno dei maggiori.

Hai altresì ragione quando dici che il piacere è breve, e non duraturo solitamente.

 

Io non ho affermato che si ama una sola volta, bensì l'esatto opposto, mettendo sotto critica il concetto stesso di "amore". In realtà si ama infinite volte, per il principio detto sopra della ricerca di piacere. L'illusione è quella della persona che "crede" di amare una sola volta, ma che in realtà ama infinite volte infinite entità differenti. Limitare questi aspetti significherebbe rendere l'uomo un vegetale: l'uomo è la razionale espressione del caos: non può controllarlo, può però rendersene conto.

Chiedo scusa, ho friainteso.

Quoto quasi tutto: tendi sempre a limitare la potenza dell'uomo, a renderlo un essere in balia del sentimento che prova. Non è così esagerata la cosa.

 

La storia del processo che ho pronunciato è altamente opinabile anch'essa, meccanica e disillusa, come lo sono io in questo momento :)

Partire avvantaggiati o no non significa che non abbiamo le stesse possibilità: siamo sei miliardi di esseri che hanno tutti un cervello. C'è da distinguere solo il metodo di utilizzo.

Il cervello non è tutto.

Nello sviluppo di una persona, conta molto di più delle individuali potenzialità, e questo è vero.

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Sai ci pensavo..

E se in realtà il senso dell'uomo sia solo il desiderio di morire invece che di vivere? Argomentiamo. La storia dell'uomo dice qualcuno è in tre periodi: nascita-sofferenza-morte. Partiamo da qui e vediamo cosa rispondi :)

Secondo punto. Non ho mai detto che le dipendenze siano "beni morali" o modi "morali" di allungare la vita. Tutt'altro li ho analizzati come un profondo inganno. Inganno che consiste nel credere "buono" ciò che invece è autodistruzione. Capisci ora? Stiamo dicendo la stessa cosa :)

Tecnicamente l'assenza di sentimenti è odio dei sentimenti stessi che altrimenti ci sarebbero. E da qui la noia :) Il piacere deriva dall'amore, perché amiamo ciò che ci piace.

E certo che limito la potenza dell'uomo :) L'uomo nasce-vive e muore. In cosa consiste la sua potenza?

Le potenzialità derivano comunque dal cervello :)

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ciao! premetto che ho fatto il liceo scientifico ma che avendolo finito da molti anni le mie conoscenze su filosofi e teorie sono quasi del tutto sparite. i studi che ho fatto dopo sono molto "scientifici" e questo mi ha portato ad avere una visione forse molto più "pratica" che nn astratta. (pensavo fosse giusto premetterlo, così giusto x dare una prima idea di quel che può essere il mio pensiero...e poi se mi esprimo male ho la scusa! :mrgreen: )

innanzitutto credo che pensare all'amore e rifarsi a freud sia un pò un errore..lui sarà il padre della psicoanalisi ecc ecc xò riconduce tutto al sesso sostanzialmente (o istinto riproduttivo..ma anche qui ho i miei dubbi)...dovremmo ricordare che è nato nel 1856..a quei tempi se le donne mostravano le caviglie erano delle svergognate...insomma i tempi erano quel che erano, assurdamente bigotti visto nell'ottica dei giorni nostri...per questo, secondo me, nn sono applicabili alcuni suoi pensieri oggigiorno.

 

Sai ci pensavo..

E se in realtà il senso dell'uomo sia solo il desiderio di morire invece che di vivere? Argomentiamo. La storia dell'uomo dice qualcuno è in tre periodi: nascita-sofferenza-morte. Partiamo da qui e vediamo cosa rispondi :)

tra l'inizio e la fine c'è il periodo che collega questi due istanti (brevissimi tra l'altro), cioè la vita. la vita può essere vista, in maniera molto sintetica, come un susseguirsi di periodi felici e meno felici. nn è detto sia solo sofferenza. la felicità poi è una cosa soggettiva: si può stare in salute, si può avere un buon rapporto in famiglia e con gl'altri, si possono avere soddisfazioni a scuola o a lavoro, ma si può essere tristi o avere un malessere interiore che ti fa pensare a quei momenti come poco felici...e così vale per il contrario. ritengo che ognuno fa il bilancio della propria vita e un'assunzione valida per tutti (sofferenza, gioia, tribolazione, ecc) sia sbagliata a prescindere.

 

Secondo punto. Non ho mai detto che le dipendenze siano "beni morali" o modi "morali" di allungare la vita. Tutt'altro li ho analizzati come un profondo inganno. Inganno che consiste nel credere "buono" ciò che invece è autodistruzione. Capisci ora? Stiamo dicendo la stessa cosa :)

la droga è una fuga dalla realtà e/o la ricerca di momenti di felicità che da soli nn si riesce ad avere(per questo vengono in un certo senso "aiutati" ad arrivare). in più questa ha la forza di donarti un senso di libertà: posso raggiungere la felicità quando voglio e in ogni posto (basta prendere la dose), cosa che invece nella realtà nn si è liberi di scegliersi i momenti di gioia.

il fatto che si lega all' "autodistruzione" è dato dal fatto che si è consci che uccide. sta poi all'individuo scegliere che rischio correre e se può valerne la pena raggiungere quella "felicità artificiale". è anche vero che c'è chi lo fa per autodistruggersi perchè incosciamente ne prova piacere a farlo.

 

E certo che limito la potenza dell'uomo :) L'uomo nasce-vive e muore. In cosa consiste la sua potenza?

Le potenzialità derivano comunque dal cervello :)

le potenzialità dell'uomo sono sia fisiche che mentali. in tutti e due questi campi si cerca sempre di superare dei limiti imposti dalla natura o da qualcun'altro.(per la potenzialità mentale esempi ce ne sono a dismisura lungo tutta la storia evolutiva dell'uomo, per quelli fisici basta pensare alle olimpiadi e alla voglia ad es di correre più veloce di tutti).

concordo cmq con mitch: "la potenzialità derivano cmq dal cervello"; se il nostro pensiero nn ci spingesse a volerci superare rimarremmo sempre statici. lo "spingersi oltre" vale in tutti i campi:fisico, scientifico, filosofico, morale, affettivo, ecc.

in questo senso qua, l'uomo è veramente potente, secondo me.

 

 

spero di essere riuscito ad utilizzare un italiano comprensibile..perchè io avrebbi studiato da biscardi :asd:

 

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Do anch’io il mio contributo non richiesto e scappo via per evitare le conseguenze! :lol:

Per quanto riguarda le tre età della vita, che sembrano una reminescenza Vichiana, si può affermare che esse sono tutto semplicemente in una visione materialistica della vita. In una visione finalistica (come ad esempio quella cristiana o come quella di qualsiasi altra religione canonica) l’esperienza dello spirito non si conclude certo con la morte che diventa anzi un momento di passaggio a qualcos’altro di indefinito. Ma a questo punto mi ricollego anche all’ultimo punto sulle potenzialità dell’uomo per fornire un’altra possibilità (alquanto di parte come capirete). Esiste, infatti, la possibilità di vincere la morte stessa e in generale l’oblio materialistico attraverso ciò che l’intelletto nella sua massima espressione creativa permette di produrre: la poesia, come rammenta Foscolo nei “Sepolcri” (“e l’armonia vince di mille secoli il silenzio.”), il cui compito è assolvere la funzione di memento. Questa funzione veniva affidata alla più nobile delle arti che doveva fungere anche da pedagoga delle generazioni future. Sicuramente l’eccellenza in qualche campo particolare aiuta ad entrare negli annali della storia mentre la storia degli umili resta sempre ignota. Tuttavia oggi viene offerta più ampiamente la possibilità di lasciare traccia di sé stessi tramite la scrittura dato che chiunque può scrivere qualcosa di sé. Magari non entrerà nei libri di storia della letteratura italiana ma lascia aperta la possibilità che in futuro qualcuno legga le nostre parole. Si continua a vivere nel ricordo di altri e a mio parere non c’è niente di più bello!

Sulle droghe invece sono d’accordo con il parere espresso in precedenza: sono “paradisi artificiali”. Certo l’uso intensivo che se fa ai giorni odierni non può certamente essere paragonato a quello dei tempi passati (per intenderci chi fuma oppio dopo non si siede e scrive Kubla Khan come Coleridge :asd: ). L’uso che ne viene fatto oggi non credo possa ascriversi semplicemente ad una semplice ricerca del piacere effimero, visto gli effetti collaterali che si manifestano sin dalle prime assunzioni, quanto alla ricerca di uno straniamento dalla realtà che rende anonimi, ossia l’utilizzo dell’allucinogeno per crearsi realtà alternative che ci piacciono di più rispetto a quella in cui comunemente viviamo (secondo questo ragionamento anche cose come Second Life rientrano nella categoria di droga).

Richiamo invece le mie reminescenze filosofiche aristoteliche per esemplificare la mia idea concernente la potenza dell’uomo in ogni suo senso (ma che sto a di’ :XD: ). L’uomo ha indubbiamente potenzialità infinite limitate da tutto ciò che impedisce di passare dalla potenza all’atto che è l’esplicazione della stessa nella realtà: Aristotele parlava di una statua che prende forma grazie alle sapienti mani di uno scultore. Quindi la potenza e l’atto dipendono innanzitutto dall’artefice e poi da tutto il resto. Dato che le possibilità sono infinite ciò permette all’estro di esprimersi anche con l’utilizzo ridotto di elementi: un blocco di marmo può diventare un infinito numero di statue, le 88 note di un pianoforte permettono infinite combinazioni, le parole di una lingua consentono la creazione di infinite opere, ecc… Questi ambiti sono prevalentemente intellettuali in quanto concernono la creatività, al contrario quelli che riguardano le possibilità fisiche sono invece limitate alla dimensione fisica del corpo umano difatti diventa sempre più difficile stabilire record nei campi agonistici proprio perché si può migliorare ma non certo oltrepassare certe barriere o limiti fisici (l’uomo non raggiungerà mai la velocità di un ghepardo a meno che ovviamente non si ricorra a qualcosa che modifica la sua stessa struttura fisico-chimica). Ecco perché l’intelletto e le filosofie che lo esaltano hanno una marcia in più rispetto al mero materialismo.

The end! ^^

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Era ora chopin ti aspettavo :)

Torna mica ci picchiamo a sangue xD

Inizio con vegeta, il quale afferma che la vita non è solo sofferenza. Da una parte può sembrare vero, ma dall'altra occorre prima chiarire cosa intendiamo per sofferenza no? Il concetto è veramente veramente lato: Schopenhauer nei suoi scritti definiva "sofferenza" tutto ciò che egli non considerava "piacere": quindi sofferenza è lo sforzo, l'affanno, il dolore puro. In più distingueva la noia dal piacere e dal dolore. In questa visione, tutto soffre, in quanto la vita stessa, che si sviluppa affannosamente, è dolore. Secondo Schopenhauer la vita è la manifestazione della Volontà di vivere, un concetto a priori che spiega l'impulso ad agire dell'uomo. Semplicemente tu non mangi una mela perché hai voglia di mangiare una mela, ma perché la Volontà ti spinge a mangiare la mela. Non esiste un triste assoluto né un felice assoluto: tutto è relativo, il pendolo oscilla tra noia e dolore, per un intermezzo fugace del piacere.

Assumendo droghe secondo me non si è pienamente consci del suo potenziale negativo: dato che il desiderio di fuga è più forte del mantenimento della vita stessa, e quindi le conseguenze passano "in secondo piano".

Poi una nota sulle potenzialità: non abbiamo ancora mai preso in considerazione che le possibilità dell'uomo possano essere "negative". Paradossalmente il cervello è anche il nostro limite. Poiché funziona per "standard" che non possono essere superati.

Chopin, nelle tue parole sul "superare la morte" rivedo molto la concezione greca dell'eternità, sbaglio? Rivedo molto la figura dell'eroe greco che muore gloriosamente: non si conserverà nell'eternità il suo corpo, ma la sua memoria, il suo ricordo, il suo esempio.

La tua parte "aristotelica" ha un solo difetto: è aristotelica xD Da Aristotele e dal Platonismo è venuta la cosiddetta "scolastica", che nell'uomo (vedi la Divina Commedia, canti I e XXXIII) vede il risultato invece dell'infinita potenza di Dio. Da qui siamo passati invece a filosofie pessimiste, soprattutto nel dibattito post-hegeliano: da Schopenhauer a Kierkegaard tutti questi filosofi hanno teorizzato invece la limitatezza dell'uomo. Feuerbach invece ha cambiato la filosofia: il suo rovesciamento idealistico ha portato invece all'ultima evoluzione della tua teoria, almeno in ambito pre-esistenzialista. La volontà di potenza di Nietzsche. L'uomo, dice Nietzsche, è volontà di potenza. La volontà di potenza somiglia molto alla dialettica fichtiana, quella dell'io che attraverso lo Streben (sforzo) supera l'antitesi e diventa io puro: la volontà non è puramente intellettuale, ma anche fisica, perché ammette il superamento del nichilismo, dovuto alla caduta di tutte le certezze dell'uomo, e quindi, fuor di metafora, del suo limite. Tuttavia il limite di Nietzsche è finito: la condizione di super-uomo è un non-plus-ultra, come esemplifichi bene con l'esempio dell'atletica.

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  • 4 months later...

Solo delle piccole precisazioni. La visione greca dell’eroe è abbastanza diversa dalla nostra. Mi spiego. I poemi omerici che esaltano un determinato tipo di eroi in realtà, come dimostrano le ultime teorie dell’oralismo, sono il risultato di una visione collettiva della vita comune. L’obiettivo non è quindi esaltare il distacco dalle tradizioni, anzi, affermarne compiutamente la forza, basti pensare alle famose tragedie greche. Invece la conservazione tramite la memoria cui mi riferisco, è di tipo individualistico, non collettivo. È una consapevolezza diversa che nasce quando si passa dall’oralità alla scrittura. Gli aedi che prima erano semplici cantori di un repertorio comune di tradizione prendono coscienza di se stessi. È allora che nasce il logos, la consapevolezza dell’io, la riflessione sulla parola scritta, la filosofia platonica. La scrittura permette a tutti di esprimere la propria individualità e trasmettere i propri pensieri in un modo unico. Ecco il superamento della morte. In realtà è il superamento di ogni proprio limite come uomo e unico individuo. Per quanto riguarda la teoria aristotelica di potenza e atto l’ho utilizzato perché esprimeva in modo semplice la realtà limitata ed illimitata dell’uomo. Nasciamo tutti (tranne pochi sfortunati) con un certo bagaglio di potenzialità ma non tutte si realizzano come dimostrano i più recenti studi sull’attività cerebrale umana. Ognuno si specializza in qualcosa, ognuno diventa ferrato in qualcosa. Io parto dall’intima convinzione che se mai esiste un Dio e se mai ci abbia mai fatto a sua immagine e somiglianza, l’elemento che più ci avvicina a questo fantomatico essere perfetto, “deve” indubbiamente essere l’intelletto. Le sue potenzialità sono infinite soprattutto nell’abito della creatività. E oggigiorno noi non ne esprimiamo che una minima parte. Di là di quella che è stata l’evoluzione della speculazione filosofica (filosofi che si respingono e riprendono come niente fosse), probabilmente questa teoria aristotelica è quella che esprime in termini più oggettivi la potenzialità. I filosofi che hai citato, sono collegati in un modo o nell’altro alla visione romantica della vita caratterizzata da un malessere di fondo, da un intima soggettività (io-non io). Quindi Voluntas e Noluntas sono intimamente connessi con una speculazione dell’intelletto più che con la fisicità stessa. Volere è potere, avrebbe detto qualcun altro. Sembra ovvio che mentre un agire razionale prediliga la voluntas, al contrario uno irrazionale può preferire la noluntas. Sono poche le persone che si abbandonano alla seconda ben consci di ciò che fanno. Molto spesso lo fanno per ritornare con più vigore alla prima. Questo discorso si applica fondamentalmente anche alle droghe: il non volere questo mondo, il rifiutarlo, il voler fuggire da esso è un abbandono totale alla noluntas. Ma fermiamoci un attimo e proviamo ad accendere l’intelletto: è una vera fuga o è un momentaneo ripiego? Quello che si vuole è solo una momentanea fuga o un perenne abbandono? Le risposte sono ben note. Il momento è effimero, dopo si ritorna alla cruda realtà, e solo dopo un abuso si abbandona questo mondo. Il punto sul quale bisogna soffermarsi dopo ciò è: ne vale la pena? Se davvero il mondo intero non ti piace e odi tutti, pensi che la soluzione migliore sia liberare sei miliardi d’idioti della tua presenza? Probabilmente la risposta è no. Non per la volontà di vivere, questo non è un sillogismo della ragione che tenta inevitabilmente di sopravvivere ma una riflessione incisiva sulla ferma volontà umana. Il non volere fermamente non è altro che volere. Dubitare di dubitare equivale ancora a dubitare, direbbe Cartesio. Se qualcuno prende razionalmente la propria decisione, per quanto non possa essere condivisa dagli altri, è libero d’agire. Molto spesso però tutta questa baracca intellettuale manca e il ripiego momentaneo non è altro che debolezza che non si vuole ammettere. Ma è proprio lavorando sulle proprie debolezze, sui propri errori che si migliora, negli scacchi, nel pianoforte e nella vita in generale. Tutte queste arti non sono altro che palestre per la mente. Se si vuole fuggire dal mondo, ci sono molti mezzi, diversi dalle droghe e sicuramente molto più utili che dannosi per se stessi. Tutto sta nella propria scelta ma dopo bisogna anche avere gli attributi per assumersi le conseguenze dei propri atti.

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